Onorevoli Deputati! - Il provvedimento in esame ha lo scopo di contenere il disagio abitativo di particolari categorie di soggetti svantaggiati, soprattutto nelle aree metropolitane, che non è stato risolto con gli interventi legislativi precedenti e rischia di provocare effetti sociali incontrollabili, anche per effetto della scadenza del termine fissato al 3 agosto scorso dal decreto-legge 1o febbraio 2006, n. 23, convertito,

 

Pag. 2

con modificazioni, dalla legge 3 marzo 2006, n. 86, relativo alle città più grandi: Roma, Milano e Napoli.
      La mancanza di interventi convincenti in materia abitativa ha comportato l'aggravamento della situazione, soprattutto, ma non solo, nelle aree metropolitane, dove si registrano un'elevata concentrazione di famiglie a basso reddito, un numero di sfratti anche per morosità cresciuto in maniera esponenziale, una ridotta offerta aggiuntiva di alloggi pubblici, anche per effetto della dismissione del patrimonio immobiliare degli enti previdenziali, un'elevata percentuale di immobili non occupati, l'aumento della povertà materiale e immateriale, i processi migratori.
      A fronte di questo scenario il presente provvedimento vuole dare un segnale di discontinuità rispetto al passato, non limitandosi ad un ulteriore intervento di proroga degli sfratti, ma accompagnando la necessaria sospensione con ulteriori disposizioni dirette ad avviare il problema abitativo a soluzione, attraverso la predisposizione di un piano straordinario pluriennale da parte dei comuni e l'avvio di un tavolo di concertazione da parte dello Stato per definire un piano nazionale di edilizia residenziale pubblica.
      La segnalata discontinuità si impone al fine di superare le obiezioni di incostituzionalità che si porrebbero nel caso di intervento legislativo limitato ad una mera proroga in ossequio alle sentenze della Corte costituzionale in materia.
      In particolare, il provvedimento proposto contiene una piena «comparazione tra la condizione del conduttore e quella del locatore» (da ultimo si confronti la sentenza della Corte costituzionale n. 155 del 2004), che si manifesta, fra l'altro, nella previsione di cui al comma 6 dell'articolo 1, secondo cui «La sospensione non opera in danno del locatore che dimostri, nelle forme di cui al comma 2, secondo periodo, di trovarsi nelle stesse condizioni richieste per ottenere la sospensione medesima o nelle condizioni di necessità sopraggiunta dell'abitazione», nella previsione della decadenza dal beneficio della sospensione nel caso di mancato pagamento del canone ai sensi del comma 5 dello stesso articolo e nella corresponsione della maggiorazione del canone a titolo di risarcimento del danno per il prolungamento dell'utilizzazione dell'immobile.
      Sono stabilite, inoltre, come richiesto nella sentenza citata, «congrue misure» che addossano sulla collettività l'onere economico di protezione degli inquilini, alleviando il sacrificio del locatore, e che si realizzano, come per precedenti provvedimenti analoghi, con benefìci fiscali a vantaggio dei proprietari, sia da parte dello Stato che, eventualmente, dei comuni (articolo 2).
      Quanto alla durata delle sospensioni, che possono essere giustificate secondo la Corte costituzionale «per un periodo transitorio ed essenzialmente limitato», va osservato che la sospensione generalizzata, peraltro solo per le particolari categorie sociali svantaggiate indicate all'articolo 1, è limitata a soli quarantacinque giorni, mentre l'ulteriore periodo di sospensione previsto è condizionato alla predisposizione da parte dei comuni, d'intesa con le regioni, dei piani di edilizia indicati all'articolo 3, che devono essere predisposti appunto entro quarantacinque giorni dalla data di entrata in vigore della legge (la mancata predisposizione del piano fa decadere l'interessato dal beneficio della sospensione).
      Pertanto, a parte i quarantacinque giorni iniziali, l'ulteriore sospensione è solo eventuale, si verificherà presumibilmente solo per i comuni in situazioni più gravi e potrà comunque esaurirsi anche prima della scadenza prevista in attuazione di interventi nel frattempo realizzati.
      Ma ciò che conta qui rilevare è che il provvedimento è ben diverso rispetto alle fattispecie considerate dalla Corte costituzionale, che esaminava decreti di mera proroga, non funzionali ad alcun ulteriore intervento. Con riguardo a quel quadro normativo era certamente giustificata l'avvertenza della Corte che, si badi, pur non ritenendo quei provvedimenti incostituzionali, segnalava che non era possibile accettare ulteriori interventi di mera proroga,
 

Pag. 3

seguendo «la logica fin qui adottata» (Corte costituzionale, sentenza n. 155 del 2004, citata).
      Ma la logica nell'odierno provvedimento è cambiata, perché appunto non si propone una mera proroga fine a se stessa, ma una sospensione finalizzata e poi condizionata all'effettivo avvio di programmi per la soluzione del problema abitativo delle categorie interessate. In questo quadro normativo mutato, la valutazione della Corte costituzionale sarebbe ben diversa e, in ogni caso, non sono utilizzabili direttamente pronunce riferite appunto a fattispecie normative differenti.
      Si passa ad illustrare il provvedimento nel dettaglio.
      L'articolo 1 disciplina la sospensione delle procedure esecutive di rilascio.
      Il comma 1 individua i comuni, capoluoghi di provincia, comuni limitrofi con oltre 10.000 abitanti e comuni ad alta tensione abitativa di cui alla delibera CIPE n. 87/03 del 13 novembre 2003, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 40 del 18 febbraio 2004, e le categorie sociali destinatarie del provvedimento, perché particolarmente esposte al disagio abitativo: si tratta di conduttori che siano o abbiano nel proprio nucleo familiare persone ultrasessantacinquenni, figli a carico, malati terminali o portatori di handicap con invalidità superiore al 66 per cento, comunque con reddito annuo lordo familiare complessivo inferiore a 27.000 euro.
      Si è inteso contenere la platea dei beneficiari della sospensione, individuando selettivamente le condizioni di difficoltà dei nuclei familiari interessati e indicando la soglia reddituale lorda di 27.000 euro annui (da intendere quale reddito imponibile ai fini IRPEF), che si traduce in un reddito mensile effettivamente disponibile di circa 1.200 euro, del tutto insufficiente a soddisfare le fondamentali esigenze di vita.
      Il provvedimento si limita a sospendere l'esecuzione dei provvedimenti fondati sulla finita locazione ed esclude, quindi, gli sfratti per morosità.
      Il comma 2 riproduce il testo dell'articolo 1, comma 3, del decreto-legge 1o febbraio 2006, n. 23, convertito, con modificazioni, dalla legge 3 marzo 2006, n. 86, ai fini della dimostrazione dei requisiti previsti dal comma 1, mediante il sistema dell'autocertificazione contestabile dal locatore.
      Con il comma 3 si è ritenuto di promuovere la realizzazione di accordi negoziali con riguardo a locazioni di unità immobiliari appartenenti al patrimonio di soggetti qualificabili come «grandi proprietà», per le quali l'immobile non rappresenta valore d'uso, fissando un termine più lungo di sospensione (diciotto mesi dalla data di entrata in vigore della legge).
      Il comma 4 richiama l'articolo 6, comma 6, della legge 9 dicembre 1998, n. 431, imponendo al conduttore una maggiorazione del canone, al fine di evitare, come si è detto, che l'onere della sospensione venga posto a carico esclusivo del locatore.
      Il comma 5 prevede due ipotesi di decadenza dal beneficio della sospensione. La prima, già prevista in precedenti disposizioni, riguarda l'ipotesi di mancato pagamento del canone nei limiti previsti dall'articolo 5 della legge 27 luglio 1978, n. 392, salva l'applicazione dell'articolo 55 della stessa legge. La seconda, nuova, si ricollega alla ratio complessiva del provvedimento diretto soprattutto ad attivare le energie dei comuni per risolvere il problema abitativo, sanzionando indirettamente il comune inadempiente alla predisposizione del piano di cui all'articolo 3, con la decadenza dalla sospensione a carico dei conduttori dello stesso comune, che sarebbe costretto ad un maggior impegno.
      Il comma 6, in ossequio alle sentenze della Corte costituzionale, prevede la possibilità da parte del locatore di dimostrare di trovarsi nelle stesse condizioni personali previste nell'articolo 1, comma 1, per la sospensione o la necessità sopraggiunta dell'abitazione al fine di escludere la sospensione dell'esecuzione.
      L'articolo 2 introduce benefìci fiscali compensativi in favore dei locatori, per il fatto di essere chiamati a concorrere alla realizzazione di superiori interessi di carattere
 

Pag. 4

generale sottesi al provvedimento di sospensione, sia da parte dello Stato che, eventualmente, dei comuni, attraverso l'esenzione o la riduzione dell'imposta comunale sugli immobili (ICI).
      L'articolo 3 disciplina la predisposizione da parte dei comuni di un piano straordinario pluriennale, e prevede la possibilità di istituire apposite commissioni per l'eventuale graduazione degli sfratti, al fine di favorire il passaggio da casa a casa per i soggetti di cui all'articolo 1, comma 1, nonché per le famiglie collocate utilmente nelle graduatorie comunali per l'accesso agli alloggi di edilizia residenziale pubblica.
      Non si tratta del ripristino delle commissioni prefettizie, ma di sperimentare, sul modello continentale (Germania, Olanda, Svezia) una procedura che collochi in una sfera pubblica, o meglio concertata, la risoluzione del problema abitativo del singolo in quanto problema della collettività.
      L'articolo 4 disciplina la convocazione del tavolo di concertazione generale sulle politiche abitative tra istituzioni e associazioni interessate, al fine di realizzare il programma nazionale contenente gli obiettivi e gli indirizzi di carattere generale per la programmazione regionale di edilizia residenziale pubblica riferita alla realizzazione, anche mediante l'acquisizione e il recupero di edifici esistenti, di alloggi in locazione a canone sociale e concordato, e alla riqualificazione di quartieri degradati, nonché proposte normative di natura fiscale e per la normalizzazione del mercato immobiliare.
      L'articolo 5 reca la clausola di salvaguardia con riferimento alle regioni a statuto speciale e alle province autonome di Trento e di Bolzano.
      L'articolo 6 indica la copertura finanziaria del provvedimento, attraverso il versamento di 63 milioni di euro (a valere sull'autorizzazione di spesa di cui all'articolo 2, comma 4, del decreto-legge 17 giugno 2005, n. 106, convertito, con modificazioni, dalla legge 31 luglio 2005, n. 156), previa conservazione al 31 dicembre 2006 nel conto dei residui, ad apposita contabilità speciale di tesoreria per essere successivamente riversato all'entrata del bilancio dello Stato nella misura di 10,5 milioni di euro nell'anno 2007 e nella misura di 52,5 milioni di euro nell'anno 2008.
      La disposizione contenuta nel comma 3 nasce dalla necessità di consentire al Ministro dell'economia e delle finanze, qualora nel corso dell'attuazione della legge si verifichi uno scostamento rispetto alle previsioni di spesa indicate dalla medesima legge, di assumere le conseguenti iniziative legislative. Tale previsione si rende necessaria in considerazione del fatto che i benefìci di cui all'articolo 2, comma 1, del presente provvedimento si configurano quali diritti soggettivi e quindi potenzialmente in grado di generare oneri aggiuntivi a carico del bilancio dello Stato.
 

Pag. 5